Maurilio Barozzi
2008 Waterloo azzurra
lunedì 23 giugno 2008
COMMEZZADURA (Val di Sole) – E così, nella giornata che per descrivere bisognerebbe cercare una rima con Waterloo, si scoprono le belle facce dei nostri migliori specialisti di mountain bike. Quelli di Eva Lechner e di Johann Pallhuber.
Lei, attesa fino alla fine in questi Campionati del mondo di mountain bike come possibile protagonista, che alla fine della gara fa registrare un diciottesimo posto. Lei che è abituata a vincere. Lei che nella staffetta mondiale di martedì aveva fatto vedere la sua classe cristallina contribuendo in maniera determinante a conquistare la medaglia di bronzo – l’unico alloro azzurro – e che ieri non è andata oltre al diciottesimo posto dopo che per giorni tutti pensavano che potesse arrivare in zona medaglia. Magari ci speravano, più che crederci, ma tant’è. Dopo la gara, Eva stessa capisce che le aspettative su di lei erano diverse, più alte, più solide. Ma nonostante i suoi soli ventitrè anni scarsi non fa un dramma. Sa esattamente che da lei magari ci si aspettava di più, ma sa anche che lo sport non è una scienza esatta, altrimenti non sarebbe nemmeno divertente, no? Col suo viso giovane, sorridente, fresco poche ore dopo una gara durissima dice: «Purtroppo le gare non sono tutte uguali, e quella di oggi non è stata perfetta. Pochi minuti dopo la partenza mi sono resa conto che avevo dei problemi di respirazione e non riuscivo ad andare a tutta. Sono cose che capitano. Speriamo che ci siano dei giorni migliori».
Che la giornata non fosse partita sotto i migliori auspici lo si era capito già sabato sera. Durante la ricognizione sono cadute sia Alexandra Hober che Evelyn Staffler, non potendo prendere il via alla gara del mattino, la prova donne elite di cross country. Evelyn, con un vistoso cerotto sul mento, spiega che «dopo quella caduta mi hanno dovuto medicare ma il vero problema è dato dal dolore al collo che non mi ha proprio permesso di prender parte alla partenza. Del resto, in questo sport, sono cose che capitano. Bisogna metterle in conto». Già, ma detta così è una cosa; pensare che una ragazza possa partecipare a un Campionato mondiale e se ne autoescluda dopo una banale caduta in allenamento alla vigilia dell’appuntamento, diventa meno plausibile. Però accade. E lei ne prende atto, con la rassegnazione a una fatalità avversa che fa capire cosa significhi praticare sport: il saperlo accettare.
Uguale si può dire di Eva, la campionessina. Sa che una giornata storta può esserci, e se le capita non ne fa un dramma. Dopo la sua prova, nel primo pomeriggio è sul circuito. Lì, durante la gara dei maschietti, per sostenerli. E lo fa proprio assieme alla collega Staffler. Non si lascia abbattere da una prestazione non all’altezza delle aspettative. «Lo so, non è andata bene e sono la prima a non essere contenta, ma non ci posso fare niente perché ho dato il massimo. In discesa so di non aver perso molto ma purtroppo è stato in salita che non sono andata esattamente come volevo». Forse il caldo esploso in questi giorni all’improvviso dopo che, nei primi giorni, pioggia e nuvole avevano tenuto sotto controllo anche la temperatura. Forse la tensione. Sta di fatto che Eva non ha reso come tutti – addetti ai lavori italiani e lei stessa – speravano. «Una cosa però voglio dirla – aggiunge sorridendo, con il viso ancora rosso per lo sforzo che comunque ha dovuto sostenere -: il pubblico qui è stato meraviglioso. E se sono riuscita comunque a percorrere le salite e ad arrivare fino in fondo è anche grazie a loro che mi hanno sostenuto e mi hanno permesso di scalare certe rampe nonostante gambe e organismo non sembrassero dell’idea».
L’altro bel viso del mountain bike azzurro lo presenta una sorpresa: Johann Pallhuber. Nella principessa delle gare: la cross country elite uomini, è andato molto meglio delle attese. Fratello di Hubert, selezionatore azzurro per la categoria cross country, nessuno si aspettava grandissime cose da lui, siamo sinceri. E come spesso accade quando le aspettative non sono alte, ecco di colpo la sorpresa. Con il titolato Marco Aurelio Fontana che è partito bene ma è andato via via indietreggiando di posizione e il primierotto Tony Longo che ha rotto la bici, il migliore degli azzurri in questo Mondiale è stato lui: tredicesimo. «Sono contentissimo, meglio di così non potevo sperare», racconta. E poi si dispiace per i compagni – ecco il volto bello dello sport. «Purtroppo Tony ha rotto il canotto della sella e non ha potuto fare altro che ritirarsi. E forse Marco Aurelio Fontana è partito troppo forte». Poi parla della sua gara, Johann. Che ha sulle spalle anche l’onere di portare avanti l’onore di una dinastia di corridori che ha avuto nel fratello Hubert il miglior interprete italiano. E, diciamolo, non solo: anche il fatto, sempre un po’ imbarazzante, di avere nello stesso fratello l’attuale commissario tecnico della nazionale. Un peso che si può sollevare solo coi risultati. Cosa che lui ha fatto. Punto. «Faceva molto caldo e sono partito piano, forse anche troppo. Ma poi sono arrivato alla fine in slancio, correndo il quarto, quinto e sesto giro a livello dei più forti (nono tempo, quarto e sesto, ndr), mi sono portato al tredicesimo posto. Poi, l’ultimo giro ho amministrato». Beh, niente male, considerando che alla prima delle sette tornate aveva girato in trentottesima posizione. Così spiega: «Il caldo era davvero tanto e all’inizio non riuscivo ad andare avanti. Ho cercato il mio ritmo e quando l’ho trovato le cose hanno cominciato a funzionare, specialmente in salita, mentre in discesa amministravo».
Ok. Per le medaglie aspettiamo Pechino. C’è chi ci spera.
maurilio barozzi
l’Adige 23 giugno 2008
L’ARTICOLO
Pubblicato a pagina 30 con il titolo “Eva e Johann: «Abbiamo dato tutto»” e l’indicazione “dall’inviato Maurilio Barozzi” sul quotidiano L’Adige del 23 giugno 2008.
Fa parte di una serie di servizi realizzati dalla Val di Sole (Trentino) in occasione della settimana dei Campionati mondiali di Mountain Bike 2008.