Maurilio Barozzi
Maurilio Barozzi
Ritorno sul Duero. Alla foce si chiama Douro, non è più in Spagna, ma in Portogallo, nel nord: a Porto. Una decina d’anni fa, dalle parti di Soria per scrivere «Spagna». Oggi qui, turista, fagocitato dalle ripide escadas che dal cuore della città portano sul fiume. Marginal, si chiama il lungofiume. In brasiliano un marginal è un mezzo delinquente senza dimora, qui a Porto è il luogo più vivo della città. Turisti che bivaccano nei baretti, che ciondolano tra venditori di inutilità, ritrattisti, madonnari, noleggiatori di bici e ciclisti. Un viavai di due ruote: strano, pensando che Porto è tutta un su e giù di scale e rampe lastricate. Ma giù, sulla riva del Douro sfrecciano assieme a corridori e salutisti in tenuta sportiva, evaporanti la sbaraccata della sera prima. Raggiungono la foce zigzagando le canne che i pescatori adagiano sulla strada e poi su, lungo l’oceano fino al Castelo do Queijo dove i frangiflutti sono distanti e l’onda arriva fino a riva, richiamando masnade di surfisti. Case rinnovate con enormi vetrate luminose e giardini qui sostituiscono le variopinte e affastellate – spesso giustapposte – abitazioni del Cais da Ribeira, il quartiere sulla banchina del centro storico. Qui, Foz do Douro, più Ipanema che Portogallo. [...]
Porto
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