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BRASILE |
I LIBRI di M.B. |
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SALVADOR
DE BAHIA
«Sorria você está na Bahia»
Continua 5. Maurilio
Barozzi «Il Brasile non fa guerre» «Il
Brasile non fa guerre». In giro per Bahia, questa è una delle frasi che si
sentono di più. Parlano spesso di politica, i brasiliani. Sono quasi tutti
anti-Bush, votano in massa il partito dei lavoratori (nonostante moltissimi
non facciano un tubo), e trascorrono molto tempo a parlare di politica
(quando non cianciano di sesso). «Bush è una merda - afferma Lilly, una
ragazza del Sertão trapiantata a Salvador -. Pensa che nessuno lo capisca che
con le sue luride guerre lui voglia solo arricchirsi e rendere gli Stati
Uniti più potenti? Ma noi brasiliani ne restiamo fuori!». Se la
mattina cammini lungo il mare, tra gente che gioca a calcio – venticinque chilometri
di spiaggia, un campo da calcio dietro l'altro – e quelli che giocano a
domino, c'è sempre qualcuno che discute di politica. Nel mio
caso, l'analista è un venditore di acqua di cocco (e di giornali), che ogni
mattina, mentre mi consegna A Tarde, mi consiglia la notizia del
giorno. E poi la commenta, dicendo la sua in modo colorito. Spesso,
nelle giornate piovose, i brasiliani si appartano dietro le cabanas da
praia e fanno delle grigliate di carne. Mangiano churrasco, bevono
birra e cachaça, parlano di politica. Una volta la mattina intera è
stata investita per discutere se fosse migliore il quotidiano A Tarde
oppure il Correio da Bahia. E tutto si incentrava sul giudizio che
ognuno dava rispetto la vicinanza o l’avversità nei confronti Quasi
tutti, invece, sono concordi sul fatto che i politici siano tutti –
indistintamente – dei lestofanti in doppiopetto, corrotti e prezzolati. E
tutti pronti a tirare acqua al proprio mulino. Un giorno, in mezzo al
traffico che porta nei pressi di Iguatemi, il taxista – imbottigiliato -
si incazza. E mi racconta della metropolitana. Dice che c’è già il
progetto e tutto era pronto per l’inizio dei lavori ma il presidente Lula ha
bloccato i finanziamenti perché alle ultime elezioni ha vinto un sindaco che
non è di suo gradimento. Faccio presente che se ci fosse la metropolitana,
anche i suoi affari calerebbero. Lui mi dice che non è così, che di lavoro ne
ha anche troppo. Non sono
visti bene neppure i Sem terra, gli attivisti che reclamano la
possibilità di avere degli appezzamenti da coltivare contro il latifondo. I
giornali ne analizzano le contraddizioni, e addirittura il settimanale Veja
ha fatto un’inchiesta in cui sostiene che mai, nella sua storia, il movimento
ricevette tanto denaro come con questo governo, ma si sospetta che tale
denaro ora venga usato per finanziare nuove invasioni di terreni. «Noi
paghiamo, loro invadono», era il titolo. E così si rafforza l’idea che di
loro hanno la maggior parte delle persone, che li vede gente che non ha
voglia di fare un cazzo: «Vengano qui, alla spiaggia, che di lavoro se ne
trova sempre», dice uno dei ragazzi che fanno i camerieri nei bar sul mare, a
Piatã. E tuttavia, anche loro poi si comportano in modo anomalo, visto con
occhi da europei. Pagato a percentuale, il garçom se un giorno
guadagna bene la sera si ubriaca e il giorno seguente non va al lavoro.
Funziona così. Leggere e scrivere... Poco Della
statistica sull'analfabetismo abbiamo detto prima. Che arriva al 25,8% nel
Nord Est del Brasile (dove c'è lo stato di Bahia ), mentre la media nazionale
è del 12,9%. Si potrebbe aggiungere anche di quell'articolo pubblicato sulla
rivista Discutindo Literatura che fa notare come una ricerca mirata a
valutare il livello di comprensione
di ciò che si legge relega il Brasile all'ultimo posto «dietro perfino
ai paesini miserabili e sperduti nella mappa del mondo». Che l'ignoranza fosse spaventosa, qui, fu
la prima impressione che mi feci, appena giunto in Brasile. Ora, la
penso uguale (con l'empirico sostegno delle cifre). Ma ho anche capito che ci
sono delle giustificazioni inconfutabili a questo stato di cose. Oltre alla
miseria che spinge i giovani a cercare qualche cosa da fare per racimolare
qualche soldo, anziché studiare, va detto che i libri costano molto,
considerando tutto il resto. Per dire, un giornalino di Tex – d’accordo
edizione storica di 356 pagine, ma in brossura e tutto in bianco e nero –
costa 14,90 reais (quanto mangiare carne tutta la sera, fino a non poterne
più in una discreta churrascheria!). La guida “Bahia de todos os
santos” (altra brossura), di Jorge Amado, l’ho pagato 50 reais (quasi 13
euro, quando tutto il resto costa un terzo, un quarto rispetto all’Italia). Scambio
impressioni con una stilista - Jeanne - e un suo collega. Mangiamo bobô de
camarão, una specie di polenta
con i gamberoni; beviamo birra gelata. Loro mi raccontano dei problemi che
affrontano per trovare un nuovo atelier. Jeanne mostra le foto della sua
collezione “da tavola”, che sta preparando per l'Empório Differ. Mi invita al
vernissage porgendomi il biglietto in un'elegante busta nera, col mio nome
scritto a mano, in bianco. Quando
parliamo dell'analfabetismo di Bahia, loro si dicono d'accordo con la mia
tesi (molta ignoranza, ma molte attenuanti) e a tal proposito mi segnalano un
servizio pubblicato su una rivista brasiliana, Aol. Si tratta di
un'intervista all'analista politico Gustavo Ioschpe che critica pesantemente
l'educazione culturale brasiliana. Mi raccontano che l'intervista e' ancora
riportata sul sito internet Aol.com.br in apertura di pagina col
titolo "Por que o Brasil se tornou um país de ignorantes e como sair
dessa". Il
giorno dopo vado a leggere. Nell’intervista si critica l’educazione impartita
in Brasile e l’intervistato suggerisce che «le spese per l’apprendimento e
l’educazione siano sostenute dall’ente pubblico». Inevitabile,
se si vuole correre ai ripari. Al
contrario, funziona bene internet. Secondo una ricerca, nel giugno del 2005
hanno navigato in internet 11,55 milioni di brasiliani su 170 milioni
complessivi di abitanti. Ma il dato più importante è dato dal tempo di
connessione medio: con le 16 ore e 54 minuti mensili, il Brasile supera
Francia e anche il Giappone, notoriamente un popolo tecnologico. Italiano: «Sorria, você está na Bahia» D'accordo:
Bahia offre rifugio a puttane, nightclub da sifilide, finocchi,
spacciatori, truffatori, questuanti,
ladruncoli, assassini, trafficoni, ignoranti. Eppure chiunque arrivi qui, se
ne innamora. Camminare
senza meta sull’acciottolato sconnesso tra le architetture coloniali,
guardare le mostre di pittura, le chiese, bere cachaça e cerveça, parlare con
la gente, sfuggire ai ceffi loschi, comprare souvenir, innamorarsi delle
curve bahiane, abbronzarsi sotto il sole e tra le palme, mangiare churrasco,
ballare in discoteca… In questo caleidoscopio variopinto e scintillante,
ognuno può trovare la sua via, il suo piacere, la sua passione. «Sorria,
você está na Bahia» (sorridi, sei a Bahia), dice lo slogan. E molti
italiani lo hanno preso alla lettera, trasferendosi qui.
Oltre a
loro ci sono colonie di ex calciatori che fanno la loro comparsa a Bahia per
andare a puttane e comperare
appartamenti. Qualcuno ha fatto pure qualche robusto investimento. Ogni
tanto la polizia federale brasiliana racatta un po' di spazzatura: latitanti
in cerca di anonimato, spacciatori, trafficanti. E anche in questo campo gli
italiani non mancano. Fa parte della statistica. «Bahia è
qui, ti sta aspettando – ha scritto nella sua guida Jorge Amado –. È assieme
una festa e un funerale». Ecco il punto: tutto è una festa e un funerale. Che
devi saper vivere con la leggerezza di una bossanova, alla brasiliana. «Joao
amava Teresa che amava Raimundo che amava Maria che amava Joaquin che amava
Lili che non amava nessuno» illuminano i versi del poeta Carlos Drummond de
Andrade. Amico, è
così: è il Brasile. FINE. Pag.
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