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MESSICO |
I LIBRI di M.B. |
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CANCUN
Vai a Cancun!
Ecco perché non devi credere a chi ti vuol
convincere a non visitare Cancun, dicendo che quello non è Messico. Maurilio
Barozzi Cancun è il Messico che muore.
Cancun è il Messico che nasce. Città sporca come un dollaro americano che ha
passato la frontiera nel culo di un contrabbandiere. Ora, ripulito, può
essere sventolato. Cancun è quel
dollaro.
Non ascoltare quelli che ti dicono di evitarla
“perché è troppo turistica”, “perché quello non è Messico”. E allora
cosa sarebbe Messico? Chichen Itza? Stronzate. Quello era il Messico. Archeologia di
migliaia d'anni fa. Importantissima storia. Ma sarebbe come dire che l'Italia
è il Colosseo. Ora a Chichen Itza ci sono i venditori di statuette, calendari
maya e tappeti arzigogolati. Fottitene
di chi ti dice di non visitare Cancun. Ficcaci dentro il naso. Guadagnati
il diritto di dire ciò che pensi su una città che 30 anni fa non era neanche
sulle mappe, e che oggi – solo perché attorno al 1970 il computer
statunitense ha calcolato una statistica: in 2 secoli nessun uragano – ha
preso il posto di Acapulco e conta 750 mila abitanti (260 mila residenti, il
resto turisti). Devi
conquistartelo il diritto di vedere cosa possono fare alle tradizioni i
dollari (o i soldi in generale, visto che non sono solo americani ad
investire a Cancun ma anche europei, italiani compresi). Certo,
guarda Chichen Itza. Devi. E guarda
anche Tulum, o – col suo antico nome maya – Zamna (prima luce). Fatti
raccontare la storia delle mura, fatte di pietra vulcanica barattata col sale
di Coba, il cacao e le pelli di giaguaro e poi tagliata con la giada del
Guatemala. Fatti dire di come gli indios indicavano alle navi la via per
attraversare la barriera corallina permettendo loro di attraccare. E di come
la notte usavano le torce a mo’ di faro. Osserva
il cane messicano (xotintle), senza pelo, a guardia delle tombe e impara la
storia di Gonzal Guerrero e del primo matrimonio meticcio. Non scordarti i
cenotes, pozzi dove veniva raccolta l’acqua piovana, né i parchi naturali
dove puoi vedere pesci splendidi e decine di iguane di ogni taglia. Apprendi
il segreto delle tortillas, fatte con un impasto d’acqua, farina di mais e
calce – sì, calce –; del chewing-gum, il chicle, che si estrae
dall’albero chicozapote. Bevi tequila derecho e birra Corona. Guardati le piccole città coloniali, come Valladolid. Vai
a Merida. Loro, adesso, sono il Messico. Ma sappi che questo è il presente, e il presente è
istantaneo. Ha i giorni contati. E' stato concepito dal passato – un passato
illustre, lustro come i brillanti che i maya ancor oggi si conficcano nei
denti – ma è gravido di futuro. E nel futuro di quella gente non ci sono
pesos. Ci sono (pochi) biglietti verdi. Il
dollaro lercio svolazza. Dal culo del passatore si sposterà - pandemico virus
- e farà pure di quelle città qualcosa che ora neanche immagini, se non vai a
vedere Cancun. Vedi la
“zona vecchia”. Che poi, vecchia: ha 30 anni. Gli edifici bianchissimi e
bassi. Crepa di caldo, allucinato dal sole, nelle stradine periferiche coi
pezzi di ferro per terra, l’asfalto squagliato e rotto. I gelatai per strada,
in bici. Compera in un ‘supermarket’ con segnati dalla pelle olivastra che ti
chiedono carità. Poi
prendi l’autobus e fatti la zona hotelera. Fermati a vedere la Isla, un
centro commerciale che i messicani ti Cancun è il costo di uno stupro. Coito infame che un ricco consuma approfittando di strade
sporche e buie, di piedi scalzi ed elemosine costrette da 5 dollari al giorno
di stipendio in cambio di otto ore di lavoro, e di vita. Ma è ricco. Vuole
mantenere rispettabilità. Mentre abusa riveste tutto con scarpe nuove. Mance.
Palme. Ristoranti. Discoteche.
Night club. Luci. Hotel scintillanti. Signori: la zona hotelera. C’è
da godere per tutti. Finto piacere, prepotenza gentile. Equivoco ossimoro
generato dal lavoro che Cancun elargisce ai suoi nuovi figliastri arrivati da
Città del Messico, Oaxaca, Monterrey… Lì per guadagnarsi qualcosa nella zona
hotelera: 20 km di alberghi extralusso affacciati su una supposta d’asfalto a
quattro corsie che sembra i viali di Miami. E sul mare. C’è anche il mare.
Azzurrissimo. Unica sfiga: gli squali. Quel
dollaro lo tocca così anche chi ne ha un dannato bisogno. Per mangiare, per
vivere in un posto dove i prezzi sono ormai tarati sui 500 mila turisti, non
sui residenti. Chi
tocca perdona. A forza di spostarsi di mano in mano, quel lurido dollaro si
pulisce. Assieme alla coscienza di chi l'ha portato lì. Vai, vai
a vederla Cancun. E ricordati: non dire mai a nessuno di evitarla. Saresti un
idiota. Scrivi
all’autore: mauriliobar@libero.it |
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