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SPAGNA |
I LIBRI di M.B. |
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DA JACA A
FINISTERRE
Pellegrini sulla via di
Santiago
Un raid ciclistico di 850 chilometri sulle strade
della Spagna del nord Maurilio
Barozzi
In questa terra conosci il lato selvaggio della Spagna del
nord. Non ci vuole molto: gia' dalle prime pedalate, la voglia di solitudine
e di avventura che ti aveva stimolato a partire, viene messa alla prova. Quando da Jaca cominci a vedere Berdun, il vento che ti soffia in
faccia fortissimo e le biciclette stracariche, ti fanno desiderare di tornare
indietro. Eppure sono passati solo una ventina di chilometri. Poi t'innamori Berdun è
un villaggio di origine medievale sospeso in cielo. Ti guardi intorno e sei
fuori dal mondo. Tutto l'ambiente ha un colore strano, è cupo. Intenso. La terra
assume i toni dei tufi vulcanici ed il paesaggio diventa lunare. Riparti in
bici e per qualche ora pedali sulla luna.
E'
l'inizio mozzafiato di un viaggio che riserva sorprese, molti cambiamenti di
scenario e di paesaggio, e che garantisce incontri sorprendenti. Solo
nelle poche grandi città che incontri percorrendo il Camino de Santiago
(Logroño, Burgos, Leon) puoi ricordare di essere alle porte del Duemila; se
non ci fossero penseresti di aver fatto un viaggio nel tempo, a ritroso, di
una cinquantina d'anni. Nei villaggi, il passaggio in bici, reso ancor più
lento dal sovraccarico del bagaglio, ti fa respirare un odore acre. La
mancanza di asfalto, i cani in libertà ed i loro escrementi disseminati
dappertutto, le pochissime persone (spesso bisogna proseguire «fino al
prossimo paese» anche per trovare un negozio di alimentari) ricordano una
società rurale per noi vecchia di almeno cinquant'anni, conosciuta solo
attraverso la cinematografia neorealista. Le deserte pianure color paglia della Castilla Y Leon, le sterminate
strade senza traffico, i su e giù continui che con la bici non finiscono mai
– soprattutto i «su» – ti chiariscono un'idea: in questi posti l'uomo è solo
di passaggio. Non si ferma. E infatti questa è una delle zone più povere e
meno densamente popolate d'Europa. Poco convincono le scritte «Tierra
comunera», «Leon solo» oppure «Provincia Gallega» che, rispettivamente nella
provincia di Burgos, di Leon e nella regione autonoma della Galizia, fanno
talvolta capolino su qualche casa sperduta in mezzo a decine e decine di
chilometri disabitati. Anche se nell'intenzione di chi le ha scritte
avrebbero un significato indipendentista, esse possono tutt'al più indurre
curiosità nel passante, piuttosto che ricevere credito politico: come è
possibile – ti chiedi – che province così povere vogliano rendersi
indipendenti? Nell'attraversare il nord della Spagna da est ad ovest vedi il
paesaggio mutare molte volte: dalla luna della Navarra si passa alle brulle
piane della Castiglia, fino ad arrivare alla lussureggiante Galizia, dove
piove quasi tutti i giorni. Ciò che non cambia sono gli abitati. Surreali.
La storia diventa una compagna di strada onnipresente, per chiunque
percorra il Camino. Burgos è la città del Cid Campeador, i regni di Leon, di
Castiglia, di Aragona e di Navarra furono i bastioni contro l'avanzata dei
Musulmani a cavallo del millennio, ma soprattutto Santiago de Compostela
custodisce le spoglie del predicatore cristiano S. Giacomo e per questo nel
basso medioevo il pellegrinaggio univa assieme l'avventura della spedizione
militare con una forte aspirazione religiosa: Santiago de Compostela era
seconda solo a Roma nella concessione delle indulgenze. Attorno al 1139 fu
addirittura composta una Guida del Pellegrino. Ma ancora adesso, se si arriva
a Santiago domenica 25 luglio si può godere dei favori del giubileo e avere
rimessi i peccati. E quest'anno – non per nulla chiamato «compostelano» – il
25 luglio cade proprio di domenica. Così, anche oggi, è proprio il pellegrino il turista che
percorre l'entroterra a nord della Spagna. E se lo fa su delle biciclette
stracariche viene subito inquadrato. «Santiago de Compostela?» – grida una
bimbetta accompagnata per mano dalla madre, mentre percorriamo velocemente la
discesa che precede Portomarin, ormai già in Galizia. Basta un cenno di
conferma con la testa perché la piccola lanci la sua benedizione: «Vaya
con Dios». La religione costituisce il punto di contatto (reale o presunto) tra
gli abitanti del luogo e chi si trova a transitare in direzione Santiago de
Compostela. «Se avete tempo, quando arrivate a Santiago, pregate anche per i
miei morti» – chiede Annibale, un italiano emigrato a Jaca per aprire una
piccola rosticceria, mentre ci incarta delle lattine di aranciata. E questa
esortazione costituisce anche il conto delle bibite: basta dedicargli una
preghiera. Ci troviamo in enorme difficoltà nello spiegargli che non siamo
credenti; ma a lui non importa, «anch'io lo sono a modo mio» – dice. Da tutti
arriva un segno di amicizia. Una parola, un saluto. Alla religione si mischiano poi le leggende. Tutto, qui, è permeato di
miti. «A Santo Domingo della Calzada cantò la gallina già cucinata», recita
il più famoso. E' la storia di un giovane che – in cammino con la famiglia
per Santiago – rifiutò i favori di una ragazza che le si era offerta. Quella,
per vendicarsi, nascose nei bagagli del pellegrino una coppa d'argento e lo
accusò di furto. Il giudice lo fece così impiccare. I genitori proseguirono
ugualmente il cammino e visitarono la tomba di S. Giacomo. Al ritorno,
passando di nuovo per Santo Domingo de la Calzada, davanti al patibolo,
scoprirono che il figlio era ancora vivo. Corsero allora ad avvertire il
giudice che stava mangiando un pollo arrostito. «Ci crederò e lo libererò
solo se anche il pollo che sto mangiando comincerà a cantare». Naturalmente,
il pollo cantò.
Sulla strada, si trova poi qualche miracolato, che ogni anno riesce ad
inventarsi un pellegrinaggio sempre più impegnativo. A Sangüesa, in Navarra,
Mariano – un uomo di Madrid, sulla sessantina, operato da un cancro
all'esofago – per ringraziare Dio si stava recando a piedi fino a Santiago
dopo essere partito da Lourdes. E l'anno prossimo ha già in programma di fare
il tragitto Santiago de Compostela–Roma. E' una ragione di vita, uno stimolo
a porsi traguardi mistici sempre più ambiziosi. Ma, tra questi estremi, vi
sono anche persone qualsiasi, che interpretano il pellegrinaggio solamente come
una vacanza dal profondo significato storico–culturale. «Siamo un gruppo di
amici e tutti gli anni, prima di cominciare la scuola, facciamo il
pellegrinaggio in bici – racconta Xavier, un ragazzo di Logroño –. Poi,
arrivati a Santiago de Compostela, ci facciamo spedire la bicicletta a casa e
noi ritorniamo in treno. Ci mettiamo sei giorni, e spendiamo pochissimo». Visto il notevole flusso di pellegrini–turisti, nel 1988 il Camino è
stato proclamato dal Consiglio d'Europa Primo itinerario europeo e la strada
è stata tutta segnata da una conchiglia (la Concha) con la scritta
«Camino de Santiago – Itinerario cultural europeo». Per gran parte di questi turisti il pellegrinaggio è un momento
mistico, ma per altri significa evasione, un'occasione culturale e sportiva.
Incarna il desiderio di una vacanza alternativa, di un viaggio avventuroso,
una lunga pedalata senza nessuna certezza. Nemmeno quella di trovare un posto
per dormire o una tienda alimentar.
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all’autore: mauriliobar@libero.it |
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