Maurilio Barozzi
Brasile si prepara alle elezioni - Maurilio Barozzi
lunedì 30 gennaio 2006
Leggi tutto il reportage e gli altri sul Brasile nel libro ‘Caro Brasile”
SALVADOR DE BAHIA (Brasile) - Me ne sono andato dall’Italia lasciando la politica italiana infognata nella faccenda Unipol; arrivo a Bahia e trovo il presidente Lula che deve fronteggiare un’accusa di corruzione. Mah… Beh, almeno qui ci sono 35 gradi.
La parola che ricorre maggiormente, per tale scandalo brasiliano, è mensalão, che significa grosso modo mensilità ma che in questa accezione sta a indicare il denaro che alcuni uomini di Lula (Partito dei lavoratori) avrebbero intascato mensilmente. E, secondo le investigazioni, molto di tutto ciò farebbe perno sul signor Duda Mendoza, l’uomo immagine di Lula, un esperto di marketing politico tanto spregiudicato da essersi arricchito con mazzette ricevute dai politici (ha già confessato di aver incassato una cospicua tangente dall’impresario Marco Valerio, nel 2003). Lula, naturalmente, dice di non saperne niente. E, per la verità, i sondaggi per le prossime elezioni presidenziali che si svolgeranno a primavera (in Italia sarà autunno) lo vedono ancora in netto vantaggio su tutti gli avversari. Triste consolazione: anche questo scandalo non fa che confermare un luogo comune che i brasiliani hanno sempre stampato sulla bocca: i politici sono tutti ladri.
«Il Brasile non fa guerre». Ecco un altro slogan che, in giro per Bahia, non cessa di risuonare. Unito a quello che pure il contingente dislocato ad Haiti in missione di pace, dovrebbe fare fagotto e tornare qui: «Se abbiamo tutte queste forze militari, le usino per portare un po’ di legalità nelle favelas (i quartieri poveri), anziché disperderlo in giro per il mondo», dice un tipo davanti all’edicola, a commento di un servizio intitolato “Haiti, il nostro Irak”.
Già, parlano spesso di politica, i brasiliani.
Se la mattina cammini lungo il mare, tra gente che gioca a calcio – venticinque chilometri di spiaggia, un campo da calcio dietro l’altro – e quelli che giocano a domino, c’è sempre qualcuno col giornale aperto sotto gli occhi che discute. Il mio analista preferito è un venditore di acqua di cocco (e di giornali), che ogni mattina, mentre mi consegna A Tarde (il principale quotidiano dello stato baiano), mi consiglia la notizia del giorno. E poi la commenta, dicendo la sua in modo colorito.
Spesso, nelle giornate piovose, i brasiliani - solo uomini - si appartano dietro le cabanas da praia e fanno delle grigliate di carne. Mangiano churrasco (carne alla griglia, appunto), bevono birra e cachaça (una specie di acquavite di canna da zucchero), parlano di politica. Una volta la mattina intera è stata investita per discutere se fosse migliore il quotidiano A Tarde oppure il Correio da Bahia (l’altro giornale dello stato nordestino). E tutto si incentrava sul giudizio che ognuno dava rispetto la vicinanza o l’avversità nei confronti del potere politico in carica. Ma le opinioni non erano univoche. E alla fine ognuno si è tenuto la sua.
Come si diceva, invece, molti sono concordi sul fatto che i politici siano tutti – indistintamente – dei lestofanti in doppiopetto, corrotti e prezzolati. E tutti pronti a tirare acqua al proprio mulino. L’altro giorno, in mezzo al traffico che porta nei pressi di Iguatemi, il tassista – imbottigliato - si è incazzato. E mi ha detto della metropolitana. Dice che c’era già un progetto e tutto era pronto per l’inizio dei lavori della ferrovia sotterranea ma il presidente Lula ha bloccato i finanziamenti perché alle ultime elezioni ha vinto un sindaco che non è di suo gradimento. Faccio presente al tassista che se ci fosse la metropolitana, anche i suoi affari calerebbero. Lui mi dice che non è così, che di lavoro ne ha anche troppo.
In genere, esclusi gli ambienti più acculturati, non sono visti bene neppure i Sem terra, gli attivisti che reclamano la possibilità di avere degli appezzamenti da coltivare contro il latifondo. I giornali ne analizzano le contraddizioni. Addirittura il settimanale Veja, tempo fa, ha fatto un’inchiesta in cui sostiene che mai, nella sua storia, il movimento ricevette tanto denaro come con questo governo, ma si sospetta che tale denaro ora venga usato per finanziare nuove invasioni di terreni. “Noi paghiamo, loro invadono”, era il titolo. E qualcuno prende alla lettera: «Anziché invadere terreni, vengano qui, alla spiaggia, che di lavoro se ne trova sempre», dice uno dei ragazzi che fanno i camerieri nei bar sul mare, a Piatã. Gli altri ridono e annuiscono. Anche se poi, a loro volta, si comportano in modo anomalo, visto con occhi da europei. Pagati a percentuale, i garçon se un giorno guadagnano bene la sera si ubriacano e il giorno seguente non si presentano al lavoro. Funziona così.
Eccezion fatta per il giornale, comunque, qui si legge poco.
Le statistiche dicono che un baiano su quattro non sappia leggere: molto peggio del già poco edificante tasso medio nazionale: il 12,9%. Per capirci, potremmo aggiungere anche di quell’articolo pubblicato sulla rivista Discutindo Literatura che fa notare come una ricerca mirata a valutare il livello di comprensione di ciò che si legge, relega il Brasile all’ultimo posto «dietro perfino ai paesini miserabili e sperduti nella mappa del mondo».
Che l’ignoranza fosse spaventosa, qui, fu la prima impressione che mi feci, anni fa, appena giunto in Brasile.
Ora, la penso uguale (con l’empirico sostegno delle cifre). Ma ho anche capito che ci sono delle giustificazioni inconfutabili a questo stato di cose. Oltre alla miseria che spinge i giovani a cercare qualche cosa da fare per racimolare qualche soldo, anziché studiare, va detto che i libri costano molto, in relazione a tutto il resto. Per dire. Un giornalino di Tex – d’accordo edizione storica di 356 pagine, ma in brossura e tutto in bianco e nero – costa 14,90 real (quanto mangiare carne tutta la sera, fino a non poterne più in una discreta churrascheria!). La guida “Bahia de todos os santos” (altra brossura) di Jorge Amado si paga 50 real (quasi 20 euro, quando tutto il resto costa circa un terzo rispetto all’Italia).
In un piccolo ristorante del Pelourinho (il centro storico di Salvador), scambio impressioni con due giovani stilisti baiani: Jeorge e Jeanne. Mangiamo bobô de camarão, una specie di purea con i gamberoni annegati dentro; beviamo birra gelata. Loro mi raccontano dei problemi che affrontano per trovare un nuovo atelier. Poi strambo il fuoco del discorso sull’analfabetismo di Bahia. Loro si dicono d’accordo con la mia tesi (molta ignoranza, ma molte attenuanti) e a tal proposito mi segnalano un vecchio servizio pubblicato su una rivista brasiliana, Aol. Si tratta di un’intervista all’analista politico Gustavo Ioschpe che critica pesantemente l’educazione culturale brasiliana. Il giorno dopo vado a leggerlo in biblioteca. Titolo: “Perché il Brasile è diventato un paese di ignoranti. E come uscire da tale situazione”. Leggo. Nell’intervista si critica l’educazione impartita in Brasile e l’intervistato suggerisce che «le spese per l’apprendimento e l’educazione siano sostenute dall’ente pubblico».
Inevitabile, penso, se si vuole correre ai ripari.
Al contrario, funziona bene internet. Secondo una ricerca, nel giugno del 2005 hanno navigato in internet 11,55 milioni di brasiliani su 170 milioni complessivi di abitanti. E il dato più importante è dato dal tempo di connessione medio: con le 16 ore e 54 minuti mensili, il Brasile supera Francia e anche il Giappone, notoriamente un popolo tecnologico. Anche se, a essere pignoli, negli internet point si trovano essenzialmente bambini che scaricano giochetti.
L’altro problema con cui il Brasile deve continuare a fare i conti, in vista delle elezioni, è la violenza.
Poco tempo fa il Brasile intero è stato scosso dalla vicenda occorsa a Silvio Santos, un eccentrico tycoon con l’hobby dell’apparizione. Ricorda un po’ qualcuno in Italia, e non solo per il nome di battesimo. Con i suoi capelli finti, un microfono a gelato appoggiato al nodo della cravatta e la brama di presentare il gioco Roda a roda (un calco perfetto della nostra Ruota della fortuna) sul suo canale televisivo, il Secondo canale brasiliano, appare davvero buffo. Beh, nonostante questo suo aspetto, è ricco sfondato e poco tempo fa ebbe la figlia sequestrata da alcuni banditi e lui stesso fu tenuto in ostaggio per alcune ore dopo un conflitto a fuoco costato la vita a due poliziotti. Il rapitore negoziò con la polizia la sua resa pur di avere salva la vita, ma alcuni giorni dopo è stato assassinato in carcere. Silvio Santos è tornato al suo Roda a Roda, ma la vicenda è una di quelle tipiche, qui in Brasile. E infatti le promesse elettorali, sia quelle di Luis Inácio Lula che quelle di quello che verosimilmente sarà il suo avversario, il prefetto di São Paulo José Serra (che nel PSDB pare avere definitivamente superato la rivalità di Geraldo Alckmin), fanno perno sul discorso della sicurezza. Tanto più che una recentissima ricerca evidenzia come Lula distacchi nettamente gli avversari tra l’elettorato scolarizzato e quello benestante.
Ma la distanza tra ricchi e poveri, che continua ad aumentare, fa temere che tali promesse non possano che rimanere tali.
Maurilio Barozzi
L’Adige, 30 gennaio 2006
L’ARTICOLO
Pubblicato sul quotidiano L’Adige di lunedì 30 gennaio 2006 a pagina 5 con il titolo “Brasile sull’orlo dell’analfabetismo” .
E’ il primo di tre reportage (Lettera da Bahia) scritti da Salvador de Bahia in occasione dell’anno elettorale brasiliano 2006 per raccontare la società di questo Paese emergente.