Maurilio Barozzi
Gilberto Gil acustico - Maurilio Barozzi
martedì 12 aprile 2011
Le corde che tocca Gilberto Gil sono quelle della sua chitarra, ma anche quelle della nostra anima, anima di spettatori emozionati. Fa questo nel concerto che, dopo il Brasile e gli Stati Uniti, sta attraversando l'Italia (sarà a Bologna il 10 aprile), l'Europa e l'Asia. "Uno show per le corde della mia gola della mia chitarra e per quelle dei miei accompagnatori: il violoncellista Jaques Morelenbaum e il chitarrista Bem Gil, mio figlio", spiega Gilberto Gil in italiano. Ma, forse volutamente, dimentica le nostre corde. Quelle che stimola con la sua voce. Quando canta "Nao tenho medo de morrer" solo aiutandosi con il dito che batte la cassa acustica della chitarra, quel suono è drammatico, da pelle d'oca. Invece all'intonare il suo classico "Expresso 2222" tutti i brasiliani che sono al concerto cantano con lui, contagiando l'ambiente. Proprio a partire da quella canzone, presentata in Brasile nei primi anni Settanta al ritorno dall'esilio di Londra, gli chiediamo se oggi, in un mondo globalizzato, abbia ancora senso parlare di tropicalsmo, di incontro/scontro tra culture e musica diverse che si traduce in un momento produttivo. "Il tropicalismo come movimento ha fatto il suo tempo – racconta con voce pacata, lenta, ieratica –. Ha avuto senso soprattutto in ragione della situazione e della condizione del Brasile in quel periodo. Il periodo del regime autoritario militare. Il fenomeno aveva preteso di stabilire un aggiornamento, una rivisitazione della vita culturale brasiliana in relazione al panorama culturale internazionale e generare così una visione critica del potere politico. In questo senso la sua funzione è finita. Però, se intendiamo il tropicalismo in maniera più ampia e cioè come una forma propria di cultura, di modo di vedere le cose, allora in questo senso il tropicalismo esisterà sempre nell'opera e nell'animo di ogni artista brasiliano perché è in grado di rinnovarsi, di cambiare forma da persona a persona, tenendosi sempre ancorato alle tradizioni e all'essenza della nostra cultura".
Il concerto va, con la soavità tipica della bossanova. Chiudi gli occhi, Gilberto ti rapisce. Ti seduce con una samba che d'improvviso stramba sulle note rock di "Chiclete com banana". Ti ipnotizza con il fascino di "Panis et circenses". Ti scioglie con la tenerezza dell'amore per la moglie cui dedica "Quatro coisas". E poi ti evoca l'Africa con "Tenho sede". A proposito, cosa pensa Gilberto Gil dell'attuale situazione in nord Africa? Lui sistema le maniche della sua camicia bianca, simbolo di pace. "Da una parte ci sono le esigenze di un popolo che chiede libertà, e ha trovato la forza di farlo a grande voce in una situazione dittatoriale. Dall'altra ci sono le ingerenze degli stati che pretendono di aiutare la popolazione civile però avevano contribuito a rendere sottomessa. E' una situazione davvero molto complicata da spiegare. Ma ancora di più da risolvere".
E allora via, quasi a voler tracciare una rotta, con "Saudade da Bahia" che ricorda come il vero povero sia "chi crede nella gloria e nel denaro per essere felice". Parola di Dorival Caymmi.
Maurilio Barozzi
Tu Style 14 aprile 2011
L’ARTICOLO
Pubblicato a pagina 126 con il titolo “Povero è chi crede che i soldi rendano felici” sul settimanale Tu Style del 12 aprile 2011 in occasione della tournée acustica in Europa del cantante brasiliano Gilberto Gil con il figlio Ben Gil e Jacques Morelenbaum