Maurilio Barozzi
Lo Zecchino nella bufera
01 aprile 2005
Da Striscia la Notizia, il tigì satirico di Canale 5, apprendiamo che per andare allo Zecchino d'oro, e cantare in tivù, i genitori dei piccoli cantanti dovevano comperare un'enciclopedia o dei corsi di inglese (quasi 500 euro alla San Paolo). A poco vale che il Mago Zurlì (Cino Tortorella) abbia dichiarato - il giorno successivo - di non saperne nulla: il fatto - se sarà confermato - è gravissimo.
Essenzialmente per due motivi. Innanzitutto per la truffa perpetrata ai danni delle famiglie che dovevano partecipare pensando che tutto fosse gratuito - come pubblicizzato - e invece poi hanno scoperto non essere così.
In secondo luogo - e questo è il punto che riguarda la televisione - c'è la molla sulla quale ha agito chi ha messo in piedi la truffa: la brama di televisione che ormai pare essere pandemica. Chiunque, pur di finire in televisione o di vederci il figlio, pare disposto a fare qualsiasi cosa. Chi va a fare i reality, chi va a farsi deridere faccendo - apposta - figuracce, chi paga per vedere il proprio bambino partecipare ad un concorso canoro che - spiace dirlo - se le premesse sono quelle, non può che essere una fesseria.