Maurilio Barozzi
Notti soldi sesso. 3
mercoledì 15 gennaio 2003
Sociologia da barista. Necessità, per chi vuol far soldi. Finezza pleonastica, sottovalutata, per chi è in procinto di cambiar mestiere. Cazzate di nessun conto per chi ha già chiuso baracca ed ha i libri contabili in tribunale.
Lavoro sui primi, chi fa soldi. M'informo nei locali buoni, nei bar che vanno, su quale sia il cliente tipo. Le dichiarazioni dei gestori si sovrappongono. Quasi combaciano. Ne viene fuori un quadro preciso. Un identikit dai tratti chiari.
STATO CIVILE: Celibe/Nubile.
SESSO: prevalentemente maschio.
ETÀ: dai 18 ai 30 anni.
DOMICILIO: presso i genitori.
ABITUDINI: spende tutto quello che guadagna in divertimento.
Non è nuova. Scrisse Borges: «La mia memoria, signore, è come un deposito di rifiuti». Dal mio cassonetto vien fuori La febbre del sabato sera, il film. Lynn dice a Tony: scommetto che vivi ancora coi tuoi. Vai in giro con gli amici. Il sabato sera ti spendi tutto in discoteca. Tony fa: esatto. Lei: lo immaginavo. Sei uno di quelli fatti in serie.
Il film è del 1977.
Oggi il sabato sera è sei sere la settimana.
Roberto Betta, del Cutty Sark - storico pub di Torbole, patria dei surfisti, che richiama l'interno di un veliero - alla voce ABITUDINI aggiunge una testimonianza che precisa e chiarisce l'identikit.
Dice che all'inizio del mese i locali sono pieni sei giorni su sette. I clienti, specie quelli più giovani, pagano il conto con biglietti di grosso taglio. Alla fine, nell'ultima decina del mese, quelli escono praticamente solo il venerdì e il sabato. Pagano con gli ultimi spiccioli. Consumano poco. Tutti hanno finito i soldi. Tra parentesi: dopo che è arrivato l'euro a limare per bene i portafogli, la fase di stanca (soldi finiti) arriva anche prima. Ora il mese si divide esattamente in due quindicine. La prima: grassa. L'altra: cintura tirata.
Ordino una pinta di Guinness, birra scura.
Cinque euro (10 mila).
Rifaccio il giro. Sottopongo l'analisi di Betta a diversi altri gestori. Quasi tutti confermano. Interessante. Va messa in tasca, senza perderla.
* * *
Dunque: esiste un identikit dell'uomo della notte. Un ritratto tracciato con precisione. Ma se di notte vive un mondo stereotipato, dove sta la trasgressione? Quel mondo fatto di ribelli, fannulloni e balordi che sta nell'immaginario di molti?
Traccio la mappa di due notti antitetiche.
Fisso le coordinate trasgressive. Uso come stella polare le notti descritte da Henry Miller. Da Charles Bukowsky. Da Jack Kerouac. Senso di ribellione. Bassifondi pulciosi. Cene scroccate. Letti elemosinati.
Fisso le coordinate stereotipe.Uso come stella polare le parole di Lynn ne La febbre del sabato sera. L'identikit dei baristi. Bella gente. Vestiti sgargianti. Auto di lusso. Soldi in mano.
Cerco una via d'uscita a questa doppiezza, una chiave di lettura per comprendere la necessità di definire trasgressiva la notte. Mentre in realtà non è che una somma di cliché, magari camuffati.
Pettirosso, wine bar di Rovereto, Corso Bettini. Locale con bancone a "elle" e ristorante al piano interrato. L'arredo è fatto essenzialmente di bottiglie di vino pregiato rinchiuse e incatenate in scaffali di legno. Dentro, i soliti discorsi. Donne, per gli uomini. Uomini, per le donne. C'è uno seduto al bancone. Abiti da mannequin. Sbraccia. Parla forte. Uh, ecco: altri argomenti. Racconta di essere tornato nella notte da Desenzano a 240 all'ora. Uno Schumacher frustrato, lascio perdere.
Altri due hanno sul tavolo, davanti a loro, una pagina del Foglio. Politica, mi dico. Mi avvicino. Stanno commentando animatamente un trafiletto di spalla. Dice: «Joey Armstrong, 29 anni, è stato arrestato perché ha tentato di stuprare la pecorella di un presepe vivente in West Virginia. Il fatto è avvenuto nella grotta degli animali allestita per Natale nella camera ardente della società di pompe funebri Bartlett-Burdette Cox». La disputa è questa: uno dei due avventori dice che certe notizie, a Natale, non si devono pubblicare. L'altro insiste di sì.
Torniamo ai cliché, che è meglio.
Incontro Lucia. Lucia ha 24 anni. Professione: assistente sociale. Dice: «Il mio lavoro mi piace molto. Però, scusa la volgarità, vedo sfighe tutto il giorno, vorrai mica che poi, quando ho finito, vado a dormire diritta. Poi faccio i turni: spesso la mattina non lavoro, posso stare in giro fino a tardi».
«Sei sposata?» chiedo.
«Single».
«Vivi sola?».
«No, coi miei».
«Allora nubile, non single».
«Vabbé». Tutto torna.
«Hobby?» dico.
«La cucina. Da qualche tempo mi piace molto il vino. I vini particolari. Ho fatto il corso per sommelier».
Ordino due bicchieri di Chianti.
Otto euro. La moda si paga.
Lucia osserva il vino controluce. Lo annusa. Parla di caratteristiche organolettiche, di colore, di profumo. Di retrogusto. Ci capisco un tubo.
Bevo e la saluto.
Sono pochi quelli sposati che girano fino tardi. Con loro il richiamo sessuale, quello che attira e fa pagare da bere, funziona meno. In teoria. «Io esco quasi ogni sera a volte con mio marito, a volte - se lui non può - con qualche amica. Bevo qualche cosa, faccio due chiacchiere e cerco di distrarmi un po' dopo che ho lavorato, lavato, aiutato la bimba a fare i compiti, fatto da mangiare e lavato i piatti» dice Morena. Anni 35. Sposata. Una figlia.
Le eccezioni, si capisce.
In qualche pub puoi trovare anche qualcuno sbronzo fatto. Ma non sono i più, anzi. Una volta nei bar ci incontravi sempre i soliti. Bere un rosso. Leggere il giornale. Discutere di calcio e schedina. La sera tardi c'era sempre Tizio (ogni paese, ogni quartiere ne ha uno) a parlare solo davanti all'ennesimo bicchiere. La notte di Henry Miller.
Oggi basta.
I gestori cercano di liberarsi in fretta degli ubriaconi. Disturbano. Sono ostacolo alla bella gente. La legge è quella di mercato: il rosso costa un occhio, lo sfaccendato - di notte - non può più permettersi neanche un'acqua minerale (due euro, sull'unghia). Ammesso che voglia berla. Vogliono gente in grana.
Francesca, come tanti altri, per la grana, fa il doppio lavoro. 25 anni. Nubile. Vive coi suoi. Dice: «Noi giovani abbiamo le mani bucate». Arrotonda lo stipendio di segretaria d'azienda lavorando come barista l'estate. E in discoteca l'inverno. «Comunque mi piace lavorare in questi locali. Ci vengono tutti i miei amici. È quasi come se fossi lì con loro e invece mi guadagno qualcosa».
Anche le sue linee distintive si sovrappongono all'identikit.
* * *
Sono al Loco's di Rovereto. Bel bar. Da intellettuali. Ci va l'intelligencija della zona. Anche lì si parla di sesso, ma ogni tanto ci scappa qualche discorso diverso. A volte anche politica. I fumi dell'alcol possono condurre a impensabili apostasie o repentine conversioni. A volte l'alcol illumina. Dovrebbero farli al bar i consigli comunali, penso. L'ambiente ricorda i baretti spagnoli di Saragozza o Burgos. Ha quadri veri (alcuni carini) appesi alle pareti. Per terra c'è legno misto a una specie di palladiana scura. Le sedie sono tipo quelle che aveva mia nonna. Bancone lungo. Tutto dà l'idea del non curato. Ma è studiato.
Incontro Remo. Scopro che Remo è un soprannome. Remo è un pittore. Diplomato all'accademia di Belle Arti. Celibe. Anni 27. Domicilio: presso i genitori con saltuarie convivenze con la compagna. Convivenze... Più che altro petting in auto. Nell'auto dei genitori.
Beve Pernod, alla Hemingway. «Alla Degas» precisa.
Dice di aver appena finito di esporre ad una mostra collettiva, a Venezia. Qualche lavoretto lo tira fuori. Qualche quadro lo vende. Però aspetta la scuola: ha una supplenza. L'ha ottenuta anche l'anno scorso. Si potrebbe definire un insegnante. «Sì, insegnante. Ma se un anno non becco una cattedra mi tocca lavorare come designer. E addio arte».
È malinconico. A volte l'alcol obnubila. Vien fuori il Pernod, qualche assenza, e L'Assenzio, il quadro di Degas.
«Però vedo che qualche cosa la bevi» dico.
«Vivere significa poter uscire. Tra l'altro la maggior parte dei miei lavori di design li ho venduti proprio girando la notte, nei locali. Ti sembra strano? Be', è così. Ho collaborato alle decorazioni di diversi bar, pizzerie… Tutto è iniziato a Verona, qualche anno fa. Ho fatto una mostra e da lì ho cominciato a farmi conoscere. Però la strada è lunga…».
C'è aria di digressione. Mollo l'osso: dai, parla. «Che altro fai?».
«Suono in un gruppo. Anzi, che cazzo! La Siae si deve dare una calmata. Con quello che pretende uccide tutti i piccoli gruppi. Chi vuoi che sia il barista che tira fuori centinaia di euro per far suonare un complesso locale? Dovresti scriverlo lì, sul tuo quaderno».
Lo scrivo.
Mi presentano una ragazza e mi dicono che fa la ballerina in un lap dance. Diavolo, come ho fatto a non pensarci? Il night club e il lap dance: in un'inchiesta sulla notte non posso lasciarli fuori. Devo andarci.
3.CONTINUA
Maurilio Barozzi
L’ARTICOLO
Pubblicato a pagina 36 sul quotidiano l’Adige del 15 gennaio 2003 con il titolo “Gente della notte, l’identikit”.
E’ il terzo di una serie di quattro reportage che indagavano il mondo della notte nei primi anni Duemila.